Regio V - Picenum
  Auximum
 



TABULA PEUTINGERIANA: Segmento IV Est

AUXIMUM - OSIMO (AN)

   Il colle su cui sorse il centro romano di Auximum - un pianoro di importanza strategica per il controllo sulla viabilità delle valli dell'Aspio e del Musone - fu sede di un abitato piceno fin dall'età arcaica (almeno dal IX sec. a.C.), come testimoniano i rinvenimenti effettuati all'interno dell'area urbana. Questo insediamento, insieme ad un altro abitato coevo, localizzato a Monte S. Pietro, ossia immediatamente ad ovest di Osimo, dovette beneficiare dei traffici commerciali legati all'importante emporio di Numana. Tuttavia le sorti dei due abitati  furono diverse: l'abitato di Monte S. Pietro non sopravvisse alla calata dei Senoni, mentre il colle su cui sorgerà la città di Auximum presenta continuità di vita sino all'impianto della colonia romana; tale continuità è dimostrata dal rinvenimento di vasi greci a vernice nera e a figure rosse di V sec. a.C. e di materiali ellenistici di IV e III sec. a.C.
   Il primo sviluppo del centro romano, collocato lungo il diverticulum della via Flaminia, che da Nuceria arrivava ad Ancona, è forse da mettere in rapporto alle deduzioni viritane attuate in seguito alla lex Flaminia del 232 a.C. oppure ai primi decenni del II sec. a.C.; nel 174 a.C. il  censor Quintus Fulvius Flaccus e il suo collega, Aulus Postumuis Albinus, fecero costruire le mura cittadine e le tabernae intorno al forum (Liv. XLI, 27, 10). Nel 157 a.C. l'abitato fu elevato al rango di colonia romana: fu l'ultima delle coloniae maritimae dedotte lungo la costa adriatica (Vell. I, 15) e ciò portò a compimento l'organico piano di controllo politico-militare dell'area medioadriatica che i romani avevano intrapreso più di un secolo prima con la deduzione di Sena Gallica (Senigallia, inserita poi da Augusto nella regio VI).
   Sempre dalle fonti apprendiamo che nuovi coloni furono dedotti nel suo territorio in età graccana (grom. vet. 253 L.), mentre nel 83 a.C. Auximum rivestì un ruolo importante nelle guerre civili, quando Gnaeus Pompeius reclutò in città ben tre legioni da consegnare a Lucius Cornelius Sulla, una volta scacciati i sostenitori di Gnaeus Papirius Carbo, fautore quest'ultimo della fazione dei populares (Plut. Pomp. 6). Nel 52 a.C. lo stesso Gnaeus Pompeius ricoprirà il ruolo di patronus di Auximum (CIL IX 5837).
   Nel 49 a.C. Auximum fu una delle città occupate da Caius Iulius Caesar nella sua discesa verso Roma, dopo che questi aveva varcato il Rubicone: qui scacciò il pompeiano Attius Varus, impegnato a fare delle leve (Caes. b.c. I, 12-13; Lucan. II, 466-468). Inoltre, Auximum figura anche tra le città della regio V menzionate da Strabone (V 241) e da Plinio il Vecchio (Nat. Hist. III, 111); la città fu anche teatro delle vicende militari che riguardarono la guerra greco-gotica: baluardo goto già all'inizio delle ostilità, venne posta duramente sotto assedio nel 539 d.C. dai Bizantini che riuscirono ad espugnarla al termine dello stesso anno; tuttavia nel 545 d.C. Auximum venne nuovamente riguadagnata dai goti di Totila (Procop. VI, 10, 3; 11, 2; 27, 28-34; VII, 11, 19-31). Procopio, parlando degli eventi che interessarono Auximum, si rivolge ad essa come capitale del Picenum, da cui dipendeva il porto di Ancona. 
   La colonia di Auximum fu ascritta alla tribù Velina e fu retta da una coppia di praetores, magistrati il cui collegio è attestato anche nella vicina colonia romana di Potentia (Porto Recanati) e in quella di Castrum Novum (Giulianova). Le fonti epigrafiche riportano anche menzione di sacerdoti (quale ad esempio il sexvir Augustalis), collegia professionali (fabri, centonarii) e dediche agli imperatori.
   Si è già detto, come l'antico centro romano occupasse un rilievo precedentemente interessato da un insediamento piceno, senza tuttavia fare cenno al tracciato urbano: questo si adattò alla morfologia del colle, su cui oggi insiste l'odierno centro di Osimo, e che riproduce nell'urbanistica medievale parte dell'originario aspetto, con il decumanus maximus da identificare con l'allineamento di via Matteotti e Via Mazzini, e il cardo maximus lungo via del Sacramento. All'incrocio tra i due assi, nell'area ora occupata dal Palazzo Comunale e da Piazza Buccolino, va identificato il forum: questo si trovava ai piedi dell'altura del Gomero, immediatamente ad ovest rispetto al foro; proprio in questo pianoro sopraelevato, dove oggi sorge il Duomo, doveva essere ubicato il capitolium che costituiva l'arx cittadina; qui si trova anche un vano rettangolare di 9 m x 4 m circa in opus caementicium, anticamente coperto a volta, e interpretato come una cisterna. Nella zona del forum, sostruito sul lato meridionale da un muro in opus quadratum di tufo attestato sotto Palazzo Balleani-Baldeschi, furono riportate in luce parti di statue con relative basi, dedicate ai patroni della città, tra cui figurano gli Oppii. Inoltre, una cisterna situata in connessione con la zona della piazza e divisa in cinque vani, va identificata di fronte al Palazzo Comunale.
   Il centro romano era cinto da mura: queste visibili ancora oggi, raggiungevano una lunghezza complessiva di circa 2 Km ed erano realizzate in opus quadratum di calcare giallo locale. La cinta racchiudeva un'area di circa sedici ettari e aveva uno spessore approssimativo di 2. Il tratto meglio conservato si trova in via Fontemagna e vanta un'estensione di circa 250 m e un'altezza massima di 9-10 m: rappresenta l'esempio meglio preservato di cinta urbica nella regio V. Questo tratto segue con andamento sinuoso le propaggini del colle; i filari che nella parte inferiore presentano una lavorazione a bugnato, rientrando progressivamente verso l'alto, in modo da contenere la spinta del terreno retrostante. I blocchi messi in opera a secco in filari regolari di 40-45 cm, in alcuni casi presentano incisi sulla superficie i marchi di cava, visibili in forma di segni alfabetici. Scavi eseguiti in quest'area hanno messo in relazione la data di costruzione delle mura alla prima metà del II sec. a.C., ossia alla fase immediatamente successiva alla fondazione del primo nucleo urbano. La realizzazione dell'opera è inoltre ricordata da Livio che la attribuisce ai censori del 174 a.C. (Liv. XLI, 27, 10), mentre Procopio nel VI sec. d.C. descrive il circuito murario come dotato di merli e ancora funzionante (Procop. VI, 27, 4), come documentano anche le opere di restauro di alcuni tratti, e databili alla medesima epoca.
   Circa a metà del percorso di questo tratto si apre una postierla, larga circa 1 m e alta 2, con architrave realizzato in blocco unico con al di sopra un'angusta cornice sagomata in pietra grigia.
   Poco al di fuori del lato settentrionale delle mura, si trova una fontana monumentale, detta Fonte Magna: si tratta di una struttura ad esedra di circa 17 m di diametro, il cui nucleo in opus caementicium, è delimitato da un muro ad ala in opus quadratum di arenaria. A rifacimenti successivi si devono invece il pozzo, la scalinata e le vasche. Anticamente la struttura doveva presentare una copertura a volta, di cui resta traccia negli incassi visibili nelle murature; il tutto era rivestito da uno spesso strato di intonaco. La Fonte Magna, così denominata a causa della tradizionale attribuzione a  Gnaeus Pompeius Magnus o semplicemente a causa  delle sue stesse dimensioni, si data alla prima età imperiale. Un possibile riferimento alla struttura è contenuto in Procopio, il quale menziona una fonte ed una cisterna nel settore settentrionale della cinta urbica, nel luogo in cui si apriva una postierla (Procop. VI, 27, 2-23).
   Lungo il lato meridionale del circuito murario di Auximum, a cavallo di via Sacramento, si apre una porta minore ad unico fornice, situata all'estremità dell'antico decumanus maximus: questa fu poi inglobata nelle sucessive mura medievali ed è oggi nota come porta Musone. Si tratta di uno degli originari accessi alla colonia romana: qui entrava il ramo della via Flaminia che collegava Nuceria con Ancona. La porta, realizzata in blocchi parallelepipedi di calcare giallo locale messi in opera con buona tecnica, conserva ancora l'originario piedritto di sinistra a grossi conci squadrati.
   Un'altra porta si apriva a nord-ovest  dell'abitato a cavallo dell'attuale via Giulia, mentre un terzo accesso, munito di torre e posto nel settore orientale, è attestato unicamente per via documentaria: si sa che attraverso di essa si prendeva la via per i centri costieri al sud del Conero, ovvero il municipium di Numana e la colonia maritima di Potentia.
   Passando oltre, in Piazza Don Minzoni, sotto Palazzo Mariani, ambienti circolari e voltati, realizzati in opus caementicium, sono stati riferiti ad un complesso termale, ubicato lungo il margine orientale di un cardine, nelle vicinanze del foro. In via San Francesco un altro vano circolare di 10 m di diametro, realizzato con la stessa tecnica dei precedenti e pavimentato in laterizio, è identificabile come vasca di un grande edificio termale risalente alla prima età imperiale.
   Infine in via Lionetta, sotto Palazzo Recanatesi, è nota una domus, in cui è stato rinvenuto un pavimento a mosaico geometrico in bianco e nero con emblema centrale, pertinente probabilmente all'atrium (atrio) della casa, di cui rimane traccia dell'impluvium e della base di una delle colonne angolari. La domus risale al I sec. d.C.

DOCUMENTI EPIGRAFICI:

Abbreviazioni:

CIL= Corpus Inscriptionum Latinarum
G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, Casalecchio di Reno 1990
G. Prosperi Valenti, Un esemplare inedito delle Antiquae inscriptiones vetustissimae civitatis Auximi (Picus, Suppl.I), Canale Monterano 1991

CIL IX 5863; CIL IX 5859; CIL IX 5849; CIL IX 5873; CIL IX 5825; CIL IX 5826; CIL IX 5827; CIL IX 5828; CIL IX 5829; CIL IX 5823; CIL IX 5824; CIL IX 5830; CIL IX 5831; CIL IX 5832; CIL IX 5833; CIL IX 5834; CIL IX 5843; CIL IX 5844; CIL IX 5845; CIL IX 5838; CIL IX 5835; CIL IX 5836; CIL IX 5846; CIL IX 5837; CIL IX 5842; CIL IX 5839; CIL IX 5840; CIL IX 5841; CIL IX 5855; CIL IX 5852; CIL IX 5853; CIL IX 5854; CIL IX 5848; CIL IX 5847; CIL IX 5851; CIL IX 5850; CIL IX 5861; CIL IX 5866; CIL IX 5860; CIL IX 5858; CIL IX 5870; CIL IX 5864; CIL IX 5865; CIL IX 5862; CIL IX 5884; CIL IX 5888; CIL IX 5887; CIL IX 5868; CIL IX 5886; CIL IX 5867; CIL IX 5880; CIL IX 5883; CIL IX 5882; CIL IX 5881; CIL IX 5879; CIL IX 5878; CIL IX 5876; CIL IX 5875; CIL IX 5874; CIL IX 5872; CIL IX 5857; CIL IX 5856; CIL IX 5871; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, p.164; CIL IX 5869; CIL IX 5877; CIL IX 6384; CIL IX 6383; CIL IX 5814; CIL IX 5819; CIL IX 5820; CIL IX 5818; CIL IX 5816; CIL IX 5817; CIL IX 5821; CIL IX 5822; CIL IX 6385; CIL IX 5885; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, pp.175-176; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, p.24; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, p.169; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, pp.175-176; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, p.177; G.V. Gentili, Osimo nell'antichità, 1990, p.177; G. Prosperi Valenti, Un esemplare inedito delle Antiquae inscriptiones vetustissimae civitatis Auximi, 1991, p.83.               

BIBLIOGRAFIA:

Brizio, Buccolini 1890, 279, 346; Brizio 1891, 282-283; Hulsen 1895c, 2622; Moretti 1926c, 382-383; Gentili 1955; Gentili 1958, 56-72; Gentili 1963, 781; Lugli 1965a, 87-94; Morandi 1970, 174-178; Salmon 1976, 128-129; Spadea 1978, 182; Ville 1981, 190, 198, 200; Brandenburg 1985, 419-431; Virzì Hagglund 1987b, 10-12; Alfieri 1988b, 129-138; Gentili 1989, 369-387; Landolfi 1989, 389-398; Stortoni 1989, 191-211; Tondo 1989, 399-416; Gentili 1990; Virzì 1990b, 137-160; Prosperi Valenti 1991; Virzì 1991a, 54-57; Luni, Marchegiani 1994a, 88-105; Luni 1995a, 42-61; Nestori 1995, 649-660; Luni 1996e, 140-142; Virzì 1996; Luni, Cardone 1998, 669-706; AA.VV. 2000d; Baldoni 2000; Gobbi 2000, 185-196; Luni 2000a, 69-75; Gentili, Luni 2001, 533-584; Giuliodori 2001, 71-105; Luni 2001b; Pignocchi, Virzì Hagglund 2001; 2001b, 21-23; Luni 2003, 167-169; Sisani 2006, 310-314.    

 

 
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