Regio V - Picenum
  Strade e collegamenti della Regio V
 


STRADE

La via Salaria:
in età romana, la principale arteria viaria che collegava Roma e il Picenum meridionale. Nel primo tratto, la strada correva nella pianura tiberina e, oltrepassata la Sabina, giungeva al Passo della Meta, dove varcava gli Appennini  e iniziava a seguire la valle del fiume Truentus (il Tronto) fino alla costa adriatica. 
   Questo percorso, aveva svolto un ruolo di collegamento tra il versante tirrenico ed adriatico della penisola sin da tempi molto antichi, e cioè già in età protostorica, quando fu utilizzata per il commercio del sale (da cui il nome della via), proveniente dalle saline alla foce del Tevere e diretto fino nel Picenum. Sono gli stessi autori antichi a ricordarlo (Fest. 436, 8; 437, 4; Plin. Nat. Hist. XXXI, 89).
   Sembra che il percorso della Salaria lungo tutta la valle del Tronto fino a giungere ad Asculum fosse lastricato in arenaria locale e presentasse una careggiata larga da 4 a 4,5 m: purtroppo oggi non rimane un solo basolo lungo l'intero tracciato viario, mentre la larghezza della careggiata dei ponti risulta spesso ristretta rispetto alla sede stradale. L'opera di lastricatura della Salaria va attribuita ai rifacimenti augustei, mentre l'assenza lungo l'intera vallata del Tronto di miliari attribuibili a Nerva e Traiano, documentati tuttavia lungo la tratta precedente, obbligano a credere che non vi siano stati interventi di rilievo nell'ultima parte del suo percorso. 

La Salaria Gallica: diverticolo interno della Salaria, portava da Asculum a Sena Gallica, intersecando le medie vallate fluviali. Menzionata da un'iscrizione rinvenuta ad Aesis, odierna Jesi (AE 1990, 0328), e datata tra il 31 e 1 a.C, secondo il documento epigrafico era larga 16 piedi (4,70 m) ed era dotata di ponti. E' possibile che ci sia parziale corrispondenza con l'attuale S.S. 78 con il suo proseguimento, la S.S. 362.

La Salaria Picena: con un percorso sud-nord, portava da Castrum Truentinum ad Ancona o Fanum Fortunae,  toccando tutti i principali centri costieri: era un prolungamento litoraneo della Salaria. E' menzionata da un'iscrizione rinvenuta ad Aesis, odierna Jesi (AE 1990, 0328), e datata tra il 31 e 1 a.C. E' possibile che ci sia parziale corrispondenza con l'attuale S.S. 16 Adriatica.

 
Tracciati della Salaria Picena (litoranea) e della Salaria Gallica (diverticolo interno). Immagine in parte rielaborata e tratta da E. Giorgi, La viabilità delle Marche centro meridionali in età tardo antica e altomedievale. 

La via Octavia: fu una bretella di collegamento tra la Salaria Gallica e la Salaria Picena: il distacco dalla Salaria Gallica doveva avvenire nelle immediate vicinanze del centro di Aesis; poi la strada, correndo sulla sponda sinistra dell'Esino, arrivava ad un guado presso la località attuale chiamata "La Chiusa"; da qui, oltrepassato il fiume, la via si portava fino ad Agugliano e, passando per "Le Casine" e "Passo il Taglio", scendeva alla Salaria Picena presso "Santa Maria di Posatora" o presso la località "Le Torrette". La strada è nota grazie ad un'iscrizione rinvenuta ad Aesis, odierna Jesi (AE 1990, 0328), e datata tra il 31 e 1 a.C. L'epigrafe ricorda colui che la realizzò, Marcus Octavius Asiaticus.

La via Stazia: forse da Asculum a Firmum Picenum; fu così chiamata perchè un miliario rinvenuto a Porchiano, nei pressi di Asculum, ne ricorda la costruzione ad opera del prefetto romano Cnaeus Statius, figlio di Manius. Il miliario è databile al II sec. a.C.

La via Caecilia: staccandosi dalla Salaria, forse al 35esimo miglio da Roma, raggiungeva Hadria (Atri). Ricordata a proposito di alcuni lavori di restauro da un'iscrizione di epoca sillana, rinvenuta a Roma - vicino a Porta Collina - l'iscrizione è stata messa in relazione con il miliario di Sant'Omero, in cui è citato un Lucius Caecilus Maetellus. Nonostante sia certa l'esistenza di tale direttrice viaria, molto più complesso è il problema sul suo effettivo percorso. La strada avrebbe tratto il nome dal console Lucius Caecilus Maetellus Denter, avo dell'omonimo Lucius Caecilus Maetellus, ricordato dal miliario di Sant'Omero, il quale si occupò invece del restauro della via. La via sarebbe stata nata in seguito alla conquista romana della Sabina, datata al 290 a.C.

PONTI

Ponte Cecco sul torrente Castellano di Ascoli Piceno (AP):
struttura sul torrente Castellano di età repubblicana con rifacimenti di epoca augustea, forse in relazione all'imponente restauro della via Salaria voluta dall'imperatore Augusto. Si tratta di un ponte a due arcate diseguali (di 14,50 m e 7,15 m), di cui quella minore addossata allo sperone roccioso sulla destra del torrente Castellano. Ha una lunghezza complessiva di 43 m, un'altezza di quasi 25 m e una larghezza di 6,32 m; il paramento è in opus quadratum di travertino con facciavista a bugnato rustico, mentre il nucleo interno è in opus caementitium. La pila centrale, a pianta rettangolare, presenta a monte un rostro per contrastare la corrente, mentre parte dell'arcata minore è costituita da uno sperone roccioso naturale. Il ponte fu daneggiato nel corso della seconda guerra mondiale e per questo fu successivamente necessario ricostruirlo in parte.

Ponte sul rio Gran Caso in località Marino del Tronto  di Ascoli Piceno (AP): struttura ad arcata unica di 6,20 m, databile ad epoca augustea e costruita in opus quadratum di travertino. Il ponte poggia sul costone roccioso ed ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso del tempo.

Ponte sul fosso di Folignano in località Piane di Morro di Folignano (AP):  struttura sul fosso di Folignano di epoca augustea in opus quadratum di travertino con arcata di 5,60 m.

Ponte sul fosso Pittima in località Valle Scura presso Ascoli Piceno (AP): struttura ad arcata unica di 7,20 m in opus vittatum di epoca primo imperiale.

Ponte di Solestà sul fiume Tronto di Ascoli Piceno (AP): struttura sul fiume Tronto, databile ad epoca augustea. Si tratta di un ponte ad arcata unica dalla considerevole luce di 22 m, realizzato con paramenti in opus quadratum di travertino, lungo 62 m ed alto 25 m. Le spalle presentano una finitura rustica nei filari inferiori, una superficie liscia in quelli superiori, separati da un semplice filare aggettante. Il fornice presenta un'armilla elegantemente modanata che si imposta su cornici aggettanti con modanature simili a quelle dell'arco; le cornici sono ingentilite agli angoli da finissime lesene di ordine dorico, addossate alle spalle dell'arco. In occasione dei lavori di ripristino (1929-30 e 1937-38), venne porato in luce il basolato romano: la sede stradale, ampia 5,50 m, era chiusa ai lati dai parapetti del ponte, in parte rimaneggiati in epoca successiva; già in antico il basolato venne occultato da una pavimentazione in opus spicatum posta ad un livello di poco superiore. Il ponte serviva una diramazione della Salaria che da Asculum era diretta a Firmum Picenum e presenta significative analogie con quello di Augusto a Narni. 

Ponte sul fosso San Giuseppe in località Mozzano di Ascoli Piceno (AP): si tratta di una struttura di epoca augustea ad arco unico con luce di 4,80 m, realizzata in opus quadratum di travertino, di cui parte dei conci fu riutilizzata in epoca successiva per la realizzazione di un'altro ponte, posto più a valle.

Ponte sul Rio Nile in località Ponte D'Arli di Acquasanta Terme (AP): di epoca augustea con successivi rimaneggiamenti, è un ponte ad arco unico sul Rio Nile, affluente di sinistra del fiume Tronto. Risulta costituito da una parete di travertino e da una di tufo, riferibili a due fasi differenti: la prima struttura di travertino di età augustea fu infatti oggetto di ampliamento verso valle con conci di tufo. Il ponte doveva essere originariamente largo 3,65; in seguito fu ampliato di 1,40 m sul lato destro e di 2,35 su quello sinistro con riporti di tufo. L'operazione, oltre a mirare ad un allargamento della sede stradale, era finalizzato a modificarne in parte l'andamento. 
   Le spalle del ponte poggiavano sulla roccia delle due sponde, ma a quote diverse; i conci di travertino, risultano ben squadrati e messi in opera in maniera regolare. I blocchi di tufo, invece, sono disposti in filari poco regolari, dovuti all'inclinazione della roccia su cui poggiano. In ambedue le spalle del ponte si aprono i pertugi rettangolari adibiti al sostegno delle centine lignee.
   L'arcata ha una luce di 6,20 m ed è alta 3,30 m; l'armilla realizzata in travertino è costituita di 34 conci, di larghezza decrescente verso la sommità dell'arco. 

Ponte sul fiume Tronto in località Ponte D'Arli di Acquasanta Terme (AP): struttura databile ad epoca augustea sul fiume Tronto, di cui si conserva sulla sponda sinistra, parte della spalla e della pila. La pila si presenta a pianta pentagonale con un rostro a monte per spezzare la corrente. Il paramento del ponte è in opus quadratum, mentre il nucleo in opus cementitium

Ponte sul fosso di Venerosse in località Villa di Re di Ascoli Piceno (AP): struttura di epoca augustea costruita sul vecchio corso del fosso di Venerosse, affluente di destra del Tronto; il ponte in opus quadratum di  travertino, ha un'arcata di 4,35 m, obliqua di 60° rispetto all'asse della strada romana per adattarsi al letto del torrente. Oggi è visibile solo l'arcata a valle, in quanto l'arcata a monte presenta una tamponatura in pietrame, resa necessaria a seguito all'inetterramento dell'alveo. L'armilla presenta un rifacimento in mattoni, per cui l'unico elemento originale è un blocco di travertino sullo spigolo nord, in corrispondenza dell'imposta da cui ha inizio l'arco. Da qui la Salaria, piegando a sud-est, continuava verso Albero de' Piccioni.

Ponte sul Rio Garrafo di Acquasanta Terme (AP): struttura sul Rio Garrafo databile ad epoca augustea, con arcata ampia oltre 10 m e con paramento in opus quadratum in travertino locale con nucleo in opus cementitium. I blocchi di travertino, di grandi dimensioni, sono lavorati nella facciavista a bugnato rustico fino alla imposta delle pile. Nella metà dell'Ottocento il manufatto venne raddoppiato verso valle e sulla struttura viva del ponte venne adagiato un moderno viadotto a sette arcate.

Ponte sul fiume Potenza in località Casa Dell'Arco di Santa Maria in Potenza (MC): struttura sull'antico corso del fiume Potenza, databile al I - II sec. d.C., oggi inglobata in un manufatto moderno, noto come la Casa dell'Arco. Il ponte presenta due arcate, la maggiore delle quali - in opus quadratum - è ampia 8,20 m, mentre la minore con paramento in opus testaceum possiede un'arcata di 3,70 m. Il manufatto era posto lungo la direttrice costiera, forse lungo una sua variante, che, piegando verso l'interno, evitava l'attraversamento diretto del centro romano di Potentia, incrociando così la bisettrice di valle all'altezza del Torraccio. 

STATIONES, MUTATIONES, MANSIONES, VICI

Ad Martis: forse in località Campi di Sotto di Accumoli (RI), tra Lazio e Marche.

Ad Aquas: oggi Santa Maria di Acquasanta Terme (AP); la tabula Peutingeriana pone la mansio ad una distanza di 9 miglia da Surpicano. L'identificazione sembra essere confermata dal rinvenimento presso Santa Maria, di strutture pertinenti ad un impianto termale, in rapporto con le sorgenti di acqua solfurea. Oggi dell'impianto romano sono ancora visibili la cisterna ed un serbatoio in opus cementitium a pianta rettangolare con copertura a volta.

Surpicanum: generalmente collocata  tra Trisungo e Arquata del Tronto, forse nello stesso luogo di San Salvatore, nei pressi del quale è segnalato il rinvenimento di basoli. L'edificio cristiano potrebbe essere sorto perpetuando l'antica mutatio romana, anche con funzione di ospitale.

Ad Centesimum: forse da identificarsi con Centesimo, in località Trisungo, frazione di Arquata del Tronto. 

Vicus Badies: probabilmente in località Fonte del Campo, presso Accumoli (RI).

Vicus Stramentarius: noto da un'epigrafe rinvenuta nel 1885 a S. Maria a Vico, nei pressi di Sant'Omero, nella valle del fiume Vibrata. L'insediamento demico, facente parte dell'ager truentinus, si chiamava vicus Stramentarius o Stramenticius, denominazione in parte conservata nell'attuale toponimo di S. Maria a Vico. I cospicui rinvenimenti archeologici portano a localizzare sulla riva destra del fiume Vibrata la sede dell'abitato, attivo tra il II sec. a.C. e il IV sec. d.C. Forse motore aggregante dell'abitato fu il tempio dedicato ad Ercole, di cui fa menzione diretta la medesima epigrafe attestante il vicus.  

Vicus Cluentensis: documentato su base epigrafica, fu attivo almeno dal III sec. d.C.; localizzato a Civitanova Alta, in epoca tardoantica ospitò la sede episcopale, come documentano due missive di papa Gelasio I, databili tra il 494 e il 496 d.C. 

Castellum Firmanorum: noto da fonti letterarie, è da ubicare presso Porto San Giorgio in località Salvano, nell'area in cui oggi sorge il santuario di Santa Maria a Mare. Da Plinio il Vecchio apprendiamo che lo scalo romano si trovava tra Cupra Maritima e Cluana (Nat. Hist. III, 111), dato confermato anche dalla Tabula Peutingeriana: l'itinerario stradale infatti pone Castellum Firmanorum 2 miglia a sud del fiume Tenna e a 12 miglia a nord di Cupra Maritima. Strabone definisce l'insediamento come il porto di Firmum. Il navale fermano sfruttava quale bacino portuale la foce del fiume Ete Vivo, arretrata in antico di circa 2 km rispetto alla linea di costa attuale. Il porto romano, identificabile grazie alle fotografie aeree, misurava circa 150 x 180 m e si apriva verso il corso del fiume; il perimetro era delimitato da bastioni, che nel lato prospicente il mare sembra fossero muniti di torri o speroni a pianta circolare. Altri ruderi pertinenti a strutture di grandi dimensioni - forse horrea - sono stati individuati subito ad ovest dello scalo, mentre lungo l'odierna via Pompeiana sono ancora visibili i resti in opus cementitium di due grandi monumenti funerari ad edicola. I monumenti, in origine ricoperti di lastre, hanno pianta quadrangolare: il primo misura 3 m di lato per 3,5 m di altezza, mentre il secondo ha una larghezza di 6 m in facciata per 4,30 m di profondità e 2,50 m in altezza. Quest'ultimo in particolare, a causa del suo basamento spiccatamente rettangolare, sembra suggerire un completamento mediante edicola con copertura a timpano. I sepolcri sembrano porsi lungo l'antico asse stradale, oggi ricalcato dalla Pompeiana, che collegava il porto alla colonia di Firmum. Sempre dalla medesima area provengono resti architettonici ed iscrizioni di carattere pubblico, di cui una in particolare (CIL IX, 5369) cita l'intervento da parte degli aediles della colonia di Firmum, i quali provvidero alla realizzazione di opere di sistemazione idrica. Infine, un nucleo in opus cementitum pertinente ad un terzo sepolcro monumentale, è visibile in località Camera, sulla riva opposta del fiume Ete Vivo.  

              
             Resti di un monumento funebre ad edicola. Porto San Giorgio, località Salvano. (Foto A. Digeva)   
                                                                                                                                     
SOSTRUZIONI, TAGLI NELLA ROCCIA, LACERTI STRADALI

taglio della roccia in località La Travetta di Acquasanta Terme (AP): la parete di roccia a monte della strada moderna, presenta per alcune decine di metri un taglio artificiale alto fino ad 8 m, che permetteva alla Salaria di procedere lungo il fiume Tronto.

sostruzione in località Vene di Santa Caterina di Acquasanta Terme: lungo oltre 60 m e alto circa 10 m, presenta un paramento in opus quadratum di travertino, che fa tuttora da sostruzione al tracciato della strada moderna. Il muraglione è composto da due tratti convergenti ad angolo ottuso, che si adatta all'ansa del fiume. L'opera è databile ad epoca augustea.

sostruzione in località Marzola di Acquasanta Terme (AP): muro di sostruzione in opus quadratum di travertino, costruito a scarpa, lungo 23 m e conservato in altezza per oltre 4 m.

MILIARI

miliario di Trisungo ad Arquata del Tronto (AP): rinvenuto nell'ottocento nel letto del fiume Tronto, è datato al 16-15 a.C. e riporta la distanza di XCVIIII miglia da Roma. Ricorda l'opera di restauro della via voluta dall'imperatore Augusto. E' realizzato in un rocco di travertino.

miliario di San Pietro d'Arli ad Acquasanta Terme (AP): datato all'epoca di Magnenzio, tra il 350 e il 353 d.C., riporta una seconda dedica agli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano (datata tra il 367 e il 375 d.C.), ed indica la distanza di CXIII miglia da Roma.  
   Le due dediche sono presubilmente in rapporto a due differenti restauri della via, promossi a distanza di pochi anni dall'amministrazione romana. L'ultima dedica in particolare risulta importante, poichè costituisce l'ultima attestazione di un intervento sulla via Salaria.

miliario di Marino del Tronto (AP): datato ad epoca augustea - tra il 12 e 11 a.C - è l'ultimo miliario noto della Salaria (al miglio CXXIII da Roma). E' conservato presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno.

miliario di Sant'Omero (TE):

miliario di Porchiano ad Ascoli Piceno (AP):
databile al II sec. a.C., riporta l'indicazione di III miglia, misura che sembrerebbe corrispondere alla distanza tra Asculum e Porchiano. Il miliario, realizzato in pietra calcarea locale, ricorda il nome di colui che patrocinò la realizzazione della via lungo la quale il miliario stesso era posto: il prefetto Cnaeus Statius.  Si tratta di un documento eccezionale in quanto il miliario costituisce la più antica iscrizione romana di Asculum, e al contempo menziona la nomina di un prefetto romano per la costruzione di una strada all'interno del territorio di  una città - Asculum - che all'epoca era ancora autonoma. E' probabile che la strada fosse stata creata per collegare Asculum a Firmum Picenum. 

miliario di San Marone a Civitanova Marche (MC): datato tra il 351 e il 400 d.C.

miliario di Macchie a San Ginesio (MC):

miliario di San Severino (1) (MC):

miliario di San Severino (2) (MC):
datato all'epoca dell'imperatore Tito - per la precisione all'anno 80 d.C. - indica il CXLII miglio da Roma. Proviene da località imprecisata del territorio settempedano. 
   Forse il miliario è da mettere in relazione a una qualche opera di risistemazione di epoca Flavia del diverticulum che da Nuceria Camellaria giungeva fino ad Ancona. Tale ipotesi sembra essere suggerita da un altro miliario, rinvenuto nei pressi di Nocera, e recante menzione dell'imperatore Vespasiano. 
   Il miliario di San Severino è conservato presso il Museo Civico Archeologico "Giuseppe Moretti".

miliario di Ancona (AN): datato all'epoca di Magnenzio, tra il 350 e il 353 d.C.

miliario di Fermo (AP): datato all'epoca di Costantino, tra il 305 e il 306 d.C.

miliario di Petritoli a Fermo (AP): datato all'epoca di Magnenzio, tra il 350 e il 353 d.C. 

miliario di Castilenti (TE): riporta la dedica agli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano, ed è datato tra il 367 e il 375 d.C.

miliario di Falerone (MC): miliario rinvenuto presso il teatro romano dell'antica Falerio: si tratta di una colonna di marmo grigio, alta 67 cm con diametro di 29 cm, il cui fusto termina nell'estremità superiore con uno stretto collarino aggettante, e presenta sulla faccia superiore due fori dovuti ad un probabile riutilizzo.
   Il miliario riporta i nomi degli Augusti e dei Cesari in carica all'epoca della realizzazione: Costantino e Licinio i primi, mentre Flavio Claudio Costantino e Flavio Crispo, figli di Costantino, e Liciniano Licinio, figlio di Licinio, i secondi. I nomi sono riportati al dativo, aspetto che rivela il carattere di dedica dell'iscrizione e prova come il miliario in questo periodo abbia già perso il carattere originario di indicatore stradale; ulteriore verifica che conferma questa ipotesi è data dall'omissione delle miglia.
   Il miliario è databile tra il I Marzo del 317 d.C. e il 18 Ottobre del 324 d.C. ed è conservato presso il Museo Archeologico di Fermo.

miliario di Loro Piceno (MC): si tratta di un tronco di colonna, alto 156 cm e con diametro di 40-35 cm, in marmo grigio. Il miliario riporta i nomi dell'usurpatore Magno Massimo e di suo figlio, Flavio Vittore: la datazione pertanto rimanda tra l'estate del 387 d.C. e l'Agosto del 388 d.C. Questo documento, insieme ad un'altro miliario coevo da Falerone, costituisce la più tarda attestazione sulla viabilità romana nel Piceno.

miliario di Cupra Marittima (AP): si tratta di un frammento in arenaria, mutilo sia nella parte inferiore che in quella superiore, rinvenuto presso il colle di Sant'Andrea. Presenta un'altezza di 42,4 cm con diametro esterno ed interno oscillante tra i 49 e i 26 cm. Il miliario riporta i nomi degli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano: la datazione pertanto rimanda ad un periodo tra il 367 e il 375 d.C. Il miliario doveva probabilmente essere collocato lungo la strada che congiungeva Ancona ad Aternum, l'odierna Pescara. Nella regio V sono attestati altri miliari inquadrabili nel medesimo arco cronologico a Castilenti (TE) e San Pietro d'Arli, presso Acquasanta Terme (AP). Il miliario di Cupra Marittima è attualmente conservato nel Museo Archeologico di Ripatransone.

miliario di Montegiorgio (AP): si tratta di un frammento in marmo grigio con un aggetto a cornice nella parte superiore, elemento che nel Piceno ricorre solo in un altro miliario, conservato presso il Museo Civico di Fermo. Il miliario di Montegiorgio è riferibile ad epoca tardoantica e presenta un'altezza massima di 2,15 m e 29,4 cm di diametro; il frammento reca incise tre linee di scrittura e tracce di una quarta, mentre le singole lettere presentano un'altezza tra i 2,8 e i 4 cm. Il miliario riporta i nomi degli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano ed è inquadrabine tra il 367 ed il 375 d.C., anni in cui i tre Augusti occupparono simultaneamente il trono imperiale, ma la titolazione risulta incompleta e manca l'indicazione delle miglia. Del manufatto non si conosce la provenienza, tuttavia - qualora il miliario dovesse essere riferito al territorio di Montegiorgio - non vi sarebbero dubbi circa la sua collocazione lungo la viabilità secondaria, che univa, da una parte gli abitati della valle del Tenna alla direttrice costiera, ovvero la Salaria Picena, e dall'altra conduceva alla strada per Asculum e Roma. Questa ipotesi troverebbe riscontro nel coevo miliario di Cupra Marittima (CIL IX, 5938), oggi conservato presso il Museo Archeologico di Ripatransone, il quale presenta alle prime linee una dedica con formulario e ordinatio identici. Come già detto, il miliario rimanda per le strette analogie ad un altro manufatto simile, proveniente da Falerone e oggi conservato presso il Museo Civico di Fermo, con il quale condivide all'estremità del fusto uno stertto collarino aggettante e la presenza sulla faccia superiore di un incasso a sezione quadrata di 5,5 cm di lato con canaletta fino all'orlo. Oltre a ciò, lo stesso matriale - marmo grigio - e lo stesso diametro 29,4 cm = 1 piede) suggeriscono che i due fusti siano usciti dalla medesima officina, ma dal momento che essi sono stati iscritti a distanza di circa 50 - 60 anni l'uno dall'altro e non recano tracce di reimpiego epigrafico, si è autorizzati a pensare che in origine fossero colonne pertinenti ad un qualche edificio - forse templare - che cadde in disuso e in avanzato stato di abbandono a partire dall'epoca di Costantino: a questo rimanderebbe inoltre l'incasso sulla faccia superiore della colonna, che sarebbe così interpretabile come alloggiamento per legamenti di pezzi architettonici.

 
 
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