Ricina è citata da Plinio il Vecchio tra i municipi appartenenti alla regio V (
Nat. Hist. III, 111). Nata probabilmente a seguito della conquista romana del Piceno come sede di una
praefectura - centro che ha la
civitas sine suffragio, ma non possiede l'autonomia amministrativa - divenne municipio in un periodo impercisato, ma non prima della metà del I sec. a.C.
Altri studiosi collocano la nascita del nucleo originario dell'abitato a seguito delle deduzioni viritane stabilite dalla
lex Flaminia del 232 a.C.
Divenuto municipio, fu iscritto alla tribù Velina e retto da un collegio di
duumviri; in età triumvirale il territorio del municipio fu interessato dalla deduzione di coloni viritani (
Grom. Vet. 226 L.).
In epoca tardo repubblicana la città vantava già una considerevole estensione che sarà poi ricalcata dalle successive fasi imperiali: sembra infatti, che al di sotto di ciascuna delle emergenze di epoca imperiale, si possano individuare fasi pertinenti al più antico livello insediativo di età repubblicana.
Il municipio sorse lungo l'importante direttrice viaria che da Trea percorreva la bassa valle del Potenza per raggiungere poi il mare. Proprio il ruolo di nodo viario tra i municipi della costa e quelli dell'interno, dovette giocare a favore di Ricina, e ne determinò la ricca fioritura. La strada, larga 5 metri e dotata di
crepidines laterali in arenaria, fu realizzata con basoli irregolari nel suo tratto urbano; proprio questo asse di percorrenza che - come abbiamo visto - partendo da Trea giungeva fino alla costa dove si trovava la città di Potentia, determinò l'impianto urbano di Ricina. Difatti, la città doveva impostarsi su questo asse viario, usato come
decumanus maximus e sul quale si modulava l'intero impianto cittadino.
In età augustea il municipio conobbe un periodo di notevole fioritura: a questi anni si possono infatti ascrivere numerosi frammenti di decorazione architettonica in marmo di pregevole esecuzione, rinvenuti nel greto del Potenza, e pertinenti a numerosi monumenti funebri, in cui si rispecchiano le velleità culturali e artistiche dei committenti.
Sempre ad epoca augustea - anche se in questo caso il dato è dubbio - vanno attribuiti i lavori per la realizzazione del teatro, ritenuto a lungo di epoca traianea (II sec. d.C.). L'edificio per spettacoli sorgeva lungo il
cardo maximus, nei pressi della porta che un tempo dava sul Potenza; relizzato in
opus cementitium, conserva ancora i paramenti in laterizio.
La
cavea, del diametro di 71,82 metri, conserva due ordini di gradinate, separate da una
praecinctio, per una somma di trenta file di gradini. Il perimetro esterno dell'edificio appare oggi conservato per 7 metri nei punti meno daneggiati, e offriva ai frequentatori del teatro un prospetto architettonico a due ordini di arcate con semicolonne doriche lungo l'anello inferiore, e ioniche lungo l'anello superiore. All'esterno si aprivano gli ingressi che davano direttamente alla
cavea: in corrispondenza dell'accesso centrale, che tagliava in due la
cavea, sia accedeva all'
orchestra; di fronte all'
orchestra era la scena, stretta ai lati da due ambienti speculari a pianta quadrata - i cosiddetti
parascaenia - destinati alla preparazione degli attori e ai servizi del teatro.
Sotto il
pulpitum sono stati rinvenuti una serie di pozzetti in laterizio perinenti al funzionamento del sipario, mentre il
frons scenae appariva come una quinta scenica articolata in una esedra centrale semicircolare, inquadrata da una
porta hospitales per lato di dimensioni minori e a pianta rettangolare. La
porta regia e le due
portae hospitales in origine erano riccamente decorate con colonne corinzie, statue e custae marmoree; queste tre porte costituivano l'ingresso al
pulpitum.
Con Traiano la città fu sottoposta ad un programma di risistemazione edilizia, come dimostra un'epigrafe che ricorda il restauro del complesso termale alle spalle del teatro (
CIL IX 5746).
Trasformazioni altrettanto importanti si ebbero sotto l'imperatore Settimio Severo agli inizi del III sec. d.C., quando Ricina ottenne il titolo onorario di
colonia e cambiò nome in Helvia Ricina Pertinax, in onore del predecessero di Settimio, l'imperatore Publio Elvio Pertinace (
CIL IX 5747). Probabilmente l'iperatore aveva intrapreso un'opera di risanamento del centro urbano, nel quale rientravano anche gli interventi di miglioria iniziati al teatro, ma che purtroppo non giunsero a termine, come sembrerebbero dimostrare le decorazioni architettoniche mai poste in sede.
La città sembra presentare segni di vita ancora nel IV sec. d.C., come suggeriscono tracce di frequentazione dell'edificio in area "Irca", mentre l'abbandono dell'abitato deve essere - forse - messo in relazione al nuovo clima politico dovuto alle invasioni barbariche e alle gravi conseguenze che ne derivarono.
DOCUMENTI EPIGRAFICI:
Abbreviazioni:
CIL= Corpus Inscriptionum Latinarum
AE= Année épigigraphique
Picus= Picus: studi e ricerche sulle Marche nell'antichità
CIL IX 5757;
CIL IX 5746;
CIL IX 5745;
AE 1904 0200;
AE 1972 0168;
AE 1981 0306;
AE 1981 0307;
AE 1985 0354;
AE 1985 0355;
AE 1985 0356;
CIL IX 5740;
CIL IX 5741;
CIL IX 5742;
CIL IX 5743;
CIL IX 5747;
CIL IX 5748;
CIL IX 5749;
CIL IX 5751;
CIL IX 5752;
CIL IX 5753;
CIL IX 5754;
CIL IX 5755;
CIL IX 5756;
CIL IX 5758;
CIL IX 5759;
CIL IX 5760;
CIL IX 5761;
CIL IX 5762;
CIL IX 5763;
CIL IX 5785;
CIL IX 5764;
CIL IX 5766;
CIL IX 5767;
CIL IX 5768;
CIL IX 5769;
CIL IX 5770;
CIL IX 5771;
CIL IX 5772;
CIL IX 5773;
CIL IX 5774;
CIL IX 5775;
CIL IX 5776;
CIL IX 5777;
CIL IX 5778;
CIL IX 5779;
CIL IX 5780;
CIL IX 5781;
CIL IX 5782;
CIL IX 5783;
CIL IX 5784;
CIL IX 5786;
CIL IX 5787;
CIL IX 5788;
CIL IX 5789;
CIL IX 5790;
Picus IX 1989 p.59;
CIL IX 5750;
AE 1991 0620;
Picus XXIII 2003 pp.294-298.
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